L’acqua - un bene in procinto di essere venduto?"

dibattito sul tema 

  

"L’acqua un bene in procinto di

 

essere venduto?"

 

 

Lunedì 4 ottobre alle ore 17,30

 

 

Sala Auditorium Confindustria – Via San Vincenzo 2 - Genova

 

Saluti

 

Giovanni Calvini, presidente Confindustria Genova

Giovanni Grimaldi, presidente La Maona

 

Relazione introduttiva di Luigi Ceffalo, dell’Istituto Bruno Leoni

 

Interverranno

 

Matteo Campora, capogruppo PDL

Antonino Oliveri, PD Genova

Carlo Senesi, assessore del Comune di Genova

Ernesto Lavatelli, consigliere di amministrazione IREN SPA

Carlo Stagnaro, direttore ricerche e studi Istituto Bruno Leoni

Roberto Melone, referente regionale del Forum per l’acqua

Silvia Parodi, referendari Acqua Pubblica

 

Moderatore

Luigi Leone, caporedattore centrale Il Secolo XIX



 

La Maona intende organizzare altre due iniziative sul tema dell’acqua.

La seconda prevista per l’ultima decade di ottobre dedicata alla valorizzazione di un accordo siglato da un gruppo di professionisti, un’associazione di proprietari edili e dal Banco di San Giorgio, finalizzato a finanziare quei condomini, prevalentemente localizzati nel centro storico, che intendono trasformare i contratti per la fornitura dell’acqua a bocca tassata, e quindi a caduta, in contratti a contatore, e quindi a pressione, il che permetterebbe una riduzione di sprechi dovuti alla fuoriuscita di notevoli quantità d’acqua una volta colmati i serbatoi collocati sui tetti.

La terza iniziativa fa parte del progetto “Un trekking urbano per Genova”, promosso dal nostro centro, che nello sforzo di riqualificazione dell’ambiente urbano nel centro storico, propone tre interventi:

- lo spostamento di un antico barchile, oggi collocato in Piazza Bandiera, in Piazza Lavagna dove era stato posto durante la Repubblica di Genova.  Il barchile potrà essere alimentato dall’acqua presente in un cisterna sotterranea nella suddetta piazza alimentata dall’antico Acquedotto civico.

- la collocazione in piazza delle Lavandaie di un trogolo oggi abbandonato in un magazzino comunale, lungo l’antico percorso dell’Acquedotto Civico, che potrà anch’esso essere rifornito dell’acqua raccolta in cisterne sotterranee.

- il ritorno dell’acqua nella fontana sita in Via del Campo contigua alla colonna infame.

 

I tre referendum promossi dal Forum per l’acqua – per i quali è stato raccolto il numero record di 1.400.000 firme – mettono seriamente a repentaglio il percorso rifomatore seguito dal nostro paese nel campo dei servizi idrici. Con la definizione del sistema idrico integrato – che va dalla captazione dell’acqua alla sua distribuzione, fino alla raccolta e alla depurazione dei reflui – come servizio pubblico locale di rilevanza economica, il nostro paese si è allineato alle normative europee più avanzate. I successivi interventi, fino al decreto Ronchi, hanno fissato il principio per cui l’affidamento del servizio deve avvenire in via ordinaria tramite gara, e solo eccezionalmente per ragioni giustificate può essere conferito direttamente. In particolare, il decreto Ronchi impone di mettere a gara anche gli affidamenti, non ancora scaduti, che siano stati conferiti direttamente, a meno che l’azionista pubblico delle società affidatarie non scenda al di sotto del 30 per cento a decorrere da 2016. L’attuale assetto normativo presenta ancora criticità e vuoti, a partire dai regolamenti attuativi del decreto Ronchi, tuttora mancanti, e fino all’ambiguo assetto della regolazione tecnica ed economica, per ora priva di un’autorità indipendente.

Il combinato disposto dei tre referendum, se verranno giudicati ammissibili dalla Consulta e se votati dalla maggioranza degli italiani, porterebbe al punto di partenza l’intero processo, negando lo status di “servizi pubblici locali di rilevanza economica” ai servizi idrici e obbligando i comuni o altri enti locali all’approvazione di norme che, nelle intenzioni dei referendari, dovrebbero sancire l’erogazione del servizio in economia.

Il che per Genova vorrebbe significare la cancellazione dell’ente attualmente gestore che ha tra l’altro un programma per la riduzione dell’acqua persa durante il percorso distributivo che a livello nazionale si colloca a circa il 37% per cento dell’acqua captata.

Comunque – secondo Federutility – sono necessari investimenti per un valore aggregato di almeno 60 miliardi di euro. Sono oggi i Comuni in grado di reggere un simile sforzo finanziario?

Quali sono le ragioni dei referendari?

Davvero l’acqua viene “privatizzata” con il decreto Ronchi e, a causa di questa “privatizzazione”, le tariffe sono davvero destinate a crescere inesorabilmente? Oppure, come sostengono i contrari, non si tratta di privatizzazione, ma solo l’introduzione nel sistema giuridico italiano e nel regime degli enti locali di una disciplina finanziaria e industriale che impone delle regole che assicurano il controllo delle tariffe e della gestione degli acquedotti a gestori che abbiano vinto una gara basata sulla predeterminazione di un regole concessorie trasparenti, perché decise dal Consiglio Comunale?

Il caso genovese è particolare perché solo da pochi anni l’acquedotto pubblico ha acquisito le due società private che avevano gestito assieme alla municipalizzata il servizio di distribuzione dell’acqua, e quindi ha raggiungo un’unificazione operativa che ha dato buoni risultati.

Se passa il referendum quale sarà il futuro di IREN e della nuova società mediterranea delle acque che è stata creata di recente, con l’approvazione di un accordo con alcune municipalizzate emiliane, oltre che con quella di Torino?

La Maona intende discuterne con questi esperti

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